Breve storia dello stemma del Club Alpino Italiano
a cura di Pino Bonzani
Il primo stemma nasce a Torino nel 1863 anno di fondazione del Club Alpino Italiano. Era molto diverso da quello attuale. Raffigurava una serie di vette fra le quali il Monviso, il volo di un’ aquila e su una roccia un camoscio, era di forma rotonda e di colore azzurro e vi era la scritta Torino.
Con la nascita di altre Succursali quali Varallo, Agordo, Firenze, Domodossola, si pose la necessità di poter avere uno stemma più rappresentativo. Nel 1874 il Consiglio Centrale del Cai decise di adottare un nuovo stemma in stile Araldico , uno scudo con stella e cartiglio ornamentale, la corda, l’ascia da ghiaccio, la picozza, il binocolo e sulla parte superiore un aquila con le ali spiegate.
Negli anni successivi vengono fatte varie modifiche pur mantenendone l’aspetto complessivo.
Da “Club Alpino Italiano” a “Centro Alpinistico Italiano” nel ventennio Fascista
Il governo fascista degli anni 1922-1943 oltre al controllo sulla vita dei cittadini Italiani, impose ferree regole sul linguaggio (sostituendo il Lei con il Voi), modificando le denominazioni di paesi e città, si pensi solo alla Valle D’Aosta tutte le cittadine e i paesini denominati in patois francese (es. da Chattillon in Castiglione Dora, da Saint Vincent in San Vincenzo ecc. ecc.) e cercando anche di sopprimere l’uso dei dialetti.
Al Club Alpino Italiano venne imposto di sostituire la denominazione ” Club Alpino Italiano” in “Centro Alpinistico Italiano.” e nel 1938 fu obbligato ad utilizzare la definizione imposta. Anche il nostro stemma fu rivisto e corretto poiché ritenevano racchiudesse significati simbolici: venne escluso il binocolo che aveva per loro un significato contemplativo, vennero inserite nel cartiglio due nodi delle guide o nodi Savoia e nella parte inferiore dello scudo il fascio Littorio, l’aquila venne stilizzata poiché la precedente era ritenuta troppo svolazzante e pertanto un segno di libertà.
I nostri predecessori dovettero anche subire molte altre restrizioni. Per i gerarchi fascisti “la montagna era il simbolo della libertà” e i soci di allora una ristretta élite; il loro pensiero era considerato troppo libero e quindi in contrasto con gli ideali fascisti e per questo la gerarchia iniziò su di loro un minuzioso controllo.Vennero attuati i primi tentativi di istituire una patente per gli alpinisti. Il Cai fu inquadrato d’autorità nel Coni, e sottoposto al controllo diretto delle gerarchie del governo perse le sue prerogative associazionistiche e divenne di fatto una succursale del “Partito Nazionale Fascista”
Il Presidente Generale non veniva più liberamente eletto dai soci, ma nominato direttamente dai gerarchi fascisti. Angelo Manaresi che fu presidente dal 1930 al 1943 viene ricordato anche perché nelle sue funzioni di Presidente indossava sempre la divisa da gerarca fascista.
I consigli direttivi sezionali erano rigidamente controllati e per evitare intenzioni di autonomia e libertà. Per poter avere sul Cai un maggiore controllo, nel 1931, la Sede Centrale del Cai fu trasferita da Torino a Roma. Nel primo dopoguerra tornò ai piedi delle Alpi a Milano da dove ancor oggi amministra le 799 Sezioni con i suoi 317.812 Soci.
Nel dopoguerra (1945) venne ripristinata la versione precedente al periodo fascista e nel 1960 lo stemma venne reso più attuale ai tempi togliendo l’ascia da ghiaccio non più utilizzata e facendo risaltare la corda arrotolata; vennero inoltre adottati anche i nuovi colori: argento e azzurro.
Sul finire degli anni 80 dopo un concorso fra i soci del Cai venne adottato uno stemma molto stilizzato e contornato da un bordo blu. Questo stemma non è mai stato apprezzato né dai soci né dalle sezioni.
Nel l’anno 2004 si torna alla vecchia versione (1960) sicuramente gradito a tutti i soci e alle Sezioni.